Orvieto. Luca Signorelli e le storie degli ultimi giorni

La Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto contiene un gioiello dell’arte del Rinascimento costituito dagli affreschi di Luca Signorelli sulla fine del mondo e il giudizio finale. Signorelli lavorò alla decorazione della Cappella dal 1499 al 1504, continuando l’opera iniziata molti anni prima dal Beato Angelico e rimasta interrotta. La cappella è suddivisa in due campate. Nella prima campata, incentrata sulla “fine dei tempi”, il visitatore si trova con la scena del Finimondo alle spalle, la Predicazione dell’Anticristo sulla parete sinistra e la Resurrezione della carne sulla destra. Il tema della seconda campata è il giudizio divino, con il Cristo giudice raffigurato nella volta, la separazione degli eletti dai reprobi sulla parete di fronte, il Paradiso a sinistra e l’Inferno a destra.

La predicazione e la morte dell’Anticristo

Entriamo nella cappella e alziamo gli occhi sulla grande scena delle storie dell’Anticristo, affrescate sulla parete di sinistra della prima campata. L’arrivo dell’Anticristo e di altri falsi profeti negli ultimi giorni è profetizzato più volte nelle Scritture e in particolare nel Vangelo di Matteo.  «Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: “Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo”. Gesù rispose loro: “Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24, 3-13).

La predicazione e la fine dell’Anticristo

Signorelli ha ripreso queste profezie e le ha composte in un solo grande affresco. In primo piano è la predicazione dell’Anticristo. Gli fa da podio la base di una colonna sulla quale è scolpito un uomo che vuole domare un cavallo imbizzarrito, simbolo di ambizione e superbia. Ai suoi piedi sono gettati alla rinfusa il vasellame, gli ori e gli arredi sacri strappati al Tempio. L’Anticristo ha le sembianze tipiche di Gesù ma è una controfigura del demonio-burattinaio retrostante che gli suggerisce le parole all’orecchio, gli inquina lo sguardo e addirittura gli sostituisce il braccio sinistro esibendo una mano con lunghe unghie diaboliche. Questa immagine dell’Anticristo richiama un’altra pagina delle scritture, tratta dalla seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi: «Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio» (2Ts 2,3-4). Tra la folla che ascolta il falso profeta si muove un uomo che distribuisce le monete della seduzione alle donne. Gli avvenimenti descritti tutt’intorno richiamano ancora un versetto della lettera paolina: «la venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati. Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell’iniquità» (2Ts 2,9-12). I miracoli e le uccisioni profetizzate da Matteo e dalla Legenda aurea sono rappresentate in secondo piano. Al centro un morto risuscita miracolosamente e si solleva dalla bara. A destra due prigionieri incatenati sono decapitati per ordine dell’Anticristo. In primo piano sulla sinistra i carnefici uccidono gli innocenti: un domenicano ha la testa spaccata e un uomo è strangolato dal suo aguzzino. Dietro l’Anticristo un gruppo di monaci domenicani è colto nel mezzo di una vivace disputa sul significato delle Scritture. In alto a destra è il Tempio di Gerusalemme, profanato dalla presenza di uomini inquietanti e  di soldati armati. Sulla sinistra l’Anticristo tenta la sfida suprema a Dio, alzandosi in volo, novello Simon Mago. Ma è la sua fine. Un angelo lo fulmina in volo e insieme a lui fulmina a terra i suoi seguaci. Si avverano ancora una volta le parole della lettera di Paolo: «allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta» (2Ts 2,9).                                                        Nell’angolo due spettatori vestiti di nero assistono agli eventi: sono lo stesso Luca Signorelli, autoritrattosi, e il Beato Angelico.

I segni premonitori e il finimondo

Sull’arcone d’ingresso Signorelli ha immaginato la visione dei segni premonitori del giudizio universale e gli avvenimenti della fine del mondo. Questi due temi della letteratura apocalittica hanno interessato gli studiosi medievali ma sono stati dipinti solo in rarissime occasioni.

I segni annunciatori della fine del mondo

I cenni contenuti nei Vangeli e nell’Apocalisse sono stati sviluppati da Beda il Venerabile, da Sant’Agostino, da Pietro Comestore e da Vincent de Beauvais. San Girolamo ha enumerato ben quindici segni anticipatori del giudizio, tra i quali ha individuato un grande maremoto, la crisi del mondo animale e vegetale, un terremoto distruttivo e l’apertura dei sepolcri. San Tommaso d’Aquino ha discusso a fondo queste profezie e ne ha proposto un’interpretazione. Molti di questi segni sono rappresentati da Signorelli nel ciclo di Orvieto. A destra, nella zona bassa, la sibilla Eritrea consulta il libro dei suoi oracoli e il profeta Daniele  spiega gli eventi alla luce delle sue visioni apocalittiche. Potrebbe anche trattarsi del re David che cita i temi del suo celebre inno. Ad ascoltarli è un gruppo di giovani attoniti, armati ma impotenti. Più in alto  un tempio si sbriciola per effetto della scossa di un terremoto tra gli sguardi atterriti di giovani, donne e anziani mentre una coppia cerca di sfuggire alla caduta delle colonne. Un gruppo di carnefici mette a supplizio dei giovani, secondo la parola di Matteo: «allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno» (Mt 24,9). Sullo sfondo un’enorme onda anomala solleva le imbarcazioni e si abbatte come uno tsunami sulla città. Nel cielo livido e sconvolto il sole è spento, eclissato e circondato da un tetro alone, la luna acquista un colore rosso sangue e gli astri precipitano sulla terra come stelle filanti. A osservare i segni due armati accanto a un cavallo bianco.

Il Finimondo

La parte sinistra dell’affresco rappresenta il finimondo. Una pioggia di fuoco si abbatte sulle popolazioni in fuga. Raggi letali soffiati dai demoni aerei seminano vittime e terrore. La folla in fuga incontrollabile sfonda la scena: alcuni si tappano le orecchie per coprire il rombo assordante del terremoto; altri osservano in deliquio lo scatenarsi delle forze della natura sconvolta; le madri cercano di salvare i loro piccoli stringendoli al seno. Tre corpi fulminati sintetizzano la fine del mondo e dei suoi abitanti. Con le parole dell’evangelista Luca: «vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra» (Lc 21, 25-26).

La risurrezione della carne

Due angeli sulle nubi, sotto un cielo dorato, danno fiato alle trombe che annunciano il risveglio e la risurrezione universale dei morti. Gli angeli hanno le ali spiegate e la tunica svolazzante mentre alle trombe sono annodati i vexilla regis. In basso i corpi risorgono dalla nuda terra, nelle sembianze dei maschi muscolosi e delle morbide forme femminili.

La risurrezione dei morti

Signorelli descrive tutte le fasi della risurrezione: gli scheletri che rianimano, lo sforzo per la fuoriuscita dalle sepolture, le ossa che si rivestono dei nervi, della carne, dei muscoli, della pelle e della capigliatura. In primo piano un risorto con le mani sui fianchi aspira l’aria a pieni polmoni e con essa la sua nuova vita. La piena riunificazione dell’anima con il corpo è attestata dall’ombra che i risorti proiettano sul terreno. Tutti i risorti hanno la medesima età giovanile, la stessa vigoria, l’armonia della perfezione dei corpi liberatisi da malattie e imperfezioni. Mogli e mariti, parenti, amici si ritrovano, si abbracciano, familiarizzano e conversano tra di loro. Un lui si china su di lei e le afferra i polsi per aiutarla a uscire dalla fossa. Altri guardano al cielo nell’attesa di vedervi comparire il Giudice in atteggiamenti diversi di sorpresa, meraviglia, attesa, gioia, preghiera, invocazione. La visione di Signorelli riecheggia il messaggio di San Paolo ai Corinzi: «Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati» (1Cor 15,51-52).

Il Giudice e la corte celeste

Il Cristo che giudica il mondo, circondato dalla sua corte celeste, è raffigurato nelle otto vele triangolari della volta. La figura del Cristo giudice, insieme con quella dei profeti, è opera del Beato Angelico nel 1477. Le altre vele sono state dipinte da Signorelli. I gruppi di giurati che compongono il tribunale celeste sono denominati sulla falsariga del Te Deum, celebre inno cristiano: «Iudex crederis esse venturus. Te gloriosus Apostolorum chorus,
te prophetarum laudabilis numerus,
te martyrum candidatus laudat exercitus».

Il giudizio finale

Cristo giudice è seduto sulle nubi all’interno della mandorla e solleva il braccio destro nel segno del giudizio. Esibisce il foro del chiodo sulla mano e la ferita della lancia. La sua signoria sul mondo è simboleggiata dalla mano sinistra che regge la sfera terrestre incoronata. Intorno a lui schiere di angeli cantano e pregano. A fronte due angeli suonano le trombe del giudizio e un gruppo di altri otto angeli esibisce gli strumenti della passione di Gesù: la croce, la colonna della flagellazione, la lancia, i flagelli, la spugna d’aceto sulla canna, la corona di spine (Signa iudicia indicantia).

La corte celeste

A fianco è il coro degli apostoli (Gloriosus apostolorum chorus), aperto dalle immagini di Maria, madre di Gesù, affiancata da Pietro con le chiavi, da Paolo con la spada e dal giovane Giovanni che ha in mano i suoi celebri scritti. Segue un gruppo di sedici profeti (Prophetarum laudabilis numerus), il gruppo dei martiri (Martirum candidatus exercitus), raccolto intorno al primo martire Stefano, il gruppo delle donne sante (Castarum virginum cohors) e il gruppo di tredici patriarchi (Nobilis patriarcharum cetus). L’ultima vela della volta raffigura il gruppo di quindici dottori della Chiesa (Doctorum sapiens ordo), aperto dalle figure di Tommaso d’Aquino, Ambrogio, Gregorio papa, Girolamo e Agostino.

La separazione degli eletti dai dannati

La lunetta sul fondo della cappella mostra due diverse scene separate da un finestrone centrale. Il tema è quello della separazione degli eletti, destinati al Cielo, dai dannati, destinati all’Inferno.

La salita al cielo

Nella scena di sinistra compare un gruppo di risorti che riceve dagli angeli la buona notizia della salvezza eterna. La visione del Giudice è indicata agli eletti dai loro custodi e la salita gloriosa al Paradiso è accompagnata dal suono melodioso degli angeli musicanti.

L’Antinferno

Nella zona a destra, invece, sotto lo sguardo severo degli Arcangeli, i dannati sono condotti all’Inferno. Compaiono qui alcune citazioni dantesche dell’Antinferno. Il gruppo degli ignavi segue un demone che sventola uno stendardo bianco («vidi una ’nsegna / che girando correva tanto ratta, / che d’ogne posa mi parea indegna; / e dietro le venìa sì lunga tratta / di gente, ch’i’ non averei creduto / che morte tanta n’avesse disfatta». Caronte traghetta i dannati destinati al giudizio di Minosse («Ed ecco verso noi venir per nave / un vecchio, bianco per antico pelo, / gridando: «Guai a voi, anime prave! / Non isperate mai veder lo cielo: / i’ vegno per menarvi a l’altra riva / ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo». ).

I beati

Una folla di risorti, nello splendore della nudità,  apprende la notizia della propria salvezza e reagisce con timore, meraviglia, sollievo, gioia, gratitudine, felicità, estasi. Due beati caduti in ginocchio, in adorazione, sono risollevati da un angelo. Un’orchestra di angeli seduti sulle nuvole accorda gli strumenti musicali e suona inni di gioia. In basso un gruppo di angeli incorona i beati, secondo un’immagine presente più volte nella Bibbia e soprattutto nel testamento spirituale di San Paolo dove si dice che «ormai è lì in serbo per me la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi darà in compenso quel giorno; e non soltanto a me ma anche a tutti quelli che hanno atteso con amore la sua manifestazione» (2Tm 4,8).

I beati in Paradiso

I tormenti dei dannati

Dopo il giudizio di condanna i diavoli si avventano sui dannati per precipitarli all’inferno, annunciato dalle fiamme che sbucano da una caverna. Tre giganteschi arcangeli rivestiti dalle loro armature militari e armati di spade e mazza ferrata controllano il corretto smistamento dei dannati e tengono a distanza certi demoni alati troppo intraprendenti. Un demonio in volo conduce sulle spalle una dannata al suo destino. Gli altri due scaraventano i corpi dei dannati verso le fiamme. La scena principale raffigura le sevizie dei diavoli a danno dei reprobi. Sono abbrancati, legati, picchiati, selvaggiamente brutalizzati, strangolati, arpionati, morsicati, annichiliti. I più sono oltraggiosamente caricati sulle spalle e condotti verso le fiamme. I demoni sono umanoidi dotati di corna e ali e dipinti con colori violenti come il verde e il viola. I volti dei dannati già precipitati nella caverna manifestano tutto l’orrore del contatto con le fiamme infernali.

L’Inferno

Una risposta a "Orvieto. Luca Signorelli e le storie degli ultimi giorni"

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