Chaldon. La scala della salvezza e i regni dell’Aldilà

Chaldon è un villaggio nel distretto di Tandridge nel Surrey, in Inghilterra. La sua chiesa, dedicata ai Santi Pietro e Paolo (Church of Saints Peter and Paul), fu costruita prima del 1086 e contiene un grande dipinto murale del 1170 circa raffigurante la scala della salvezza e i regni dell’aldilà. Si ipotizza che l’autore sia stato un monaco itinerante che conosceva anche l’iconografia bizantina. L’affresco fu intonacato nel Seicento per essere riscoperto e restaurato alla fine del Novecento.

La scala della salvezza

Una sorta di digramma cartesiano individua quattro rappresentazioni dell’aldilà. I due quadri superiori, relativi a scene salvifiche, sono separati mediante una ascissa orizzontale dai due quadri inferiori, relativi a scene infernali. I due quadri di destra sono separati dai quadri di sinistra dall’immagine della scala. Sulla scala salgono e scendono le anime dei risorti. Essa richiama la visione orientale della scala di San Giovanni Climaco. Gli angeli aiutano i giusti a salire la scala, che simbolizza la progressione dei gradini della virtù. La scala raggiunge il Cielo sopra le nuvole. Qui i giusti hanno la visione del Cristo, con il sole e la luna che si spengono a significare la fine del tempo e l’inizio dell’eternità. I gradini inferiori della scala vedono le anime insidiate dal demonio e pericolanti; esse perdono l’appiglio, scivolano sui gradini e precipitano tra le fiamme dell’inferno.

La pesatura delle anime e la scala del Paradiso

Il primo quadro (in alto, a sinistra) descrive il giudizio individuale. L’arcangelo regge una bilancia a doppio piatto sulla quale sono pesate le opere buone e le cattive compiute dal singolo risorto. Il demonio tenta di falsare l’esito della pesatura. Raccoglie poi i dannati e li incatena per condurli all’inferno. Un angelo accompagna le anime che hanno superato la prova verso la scala del Paradiso. Un altro angelo accompagna in volo l’anima beata direttamente verso il Cielo.

La discesa di Gesù al Limbo

Il secondo quadro (in alto, a destra) descrive la discesa di Gesù agli inferi. La scena è tipica dell’arte orientale bizantina (anastasis). Gesù è raffigurato risorto, con la croce adorna del vessillo della vittoria. Egli viola l’ingresso dell’Inferno, rappresentato dalla bocca dentata del Leviatano, e calpesta Satana incatenato. Libera così le anime dei giusti dell’antico testamento, da Adamo ed Eva fino ai patriarchi e ai re. Un angelo in volo porta loro la veste bianca della salvezza.

I dannati all’Inferno

Il terzo quadro (in basso, a sinistra) descrive l’Inferno. Al centro è la grande caldaia arroventata dal fuoco, nella quale sono bolliti i dannati. I diavoli vi gettano i corpi e li rimestano con i forconi. Un terzo diavolo, con i piedi a zoccolo caprino, strappa corpi dalla scala e li infilza con il forcone. Si notano alcuni particolari che identificano i peccatori e il loro vizio capitale. Tra la caldaia e il diavolo a destra compare la figura di un pellegrino che ha dismesso il suo bordone e si è dedicato al vizio del bere (la gola). Un altro dannato è affrontato da un cane rabbioso (l’ira).

L’Inferno

Il quarto quadro (in basso, a destra) descrive le pene dei viziosi. Ma individua nell’albero edenico della conoscenza del bene e del male la radice del peccato dell’uomo: il serpente biblico che s’insinua tra i rami richiama la tentazione dei progenitori e il peccato originale. Due diavoli sostengono un “ponte di punte” attraversato dagli artigiani disonesti: un vasaio, un filatore, un muratore e un fabbro. Sotto il ponte, tra le fiamme, l’usuraio ha la scarsella delle monete al collo ed è costretto a trangugiare le monete incandescenti che i diavoli gli porgono con le pinze. Le figure che si abbracciano simboleggiano la lussuria.


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