Spoleto. Il premio del giusto e il castigo del peccatore

Per l’uomo medievale l’ammonimento più efficace a condurre una vita virtuosa era la scena che contrapponeva la morte del giusto a quella del peccatore. L’immagine del giudizio individuale era diffusa nell’arte medievale, sia quella di ascendenza occidentale sia nella sua versione bizantina. 

Ritroviamo questa scena scolpita sulla facciata della chiesa di San Pietro extra moenia (fuori le mura), nella città di Spoleto. La facciata è il capolavoro del romanico in Umbria e risale al periodo compreso tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo. La doppia scena trova forse le sue radici bibliche nella parabola del vangelo di Luca centrata sulla vicenda del povero Lazzaro e del ricco Epulone, il primo portato dagli angeli nel seno di Abramo e il secondo finito tra le fiamme dell’Inferno. A Spoleto la figura dell’angelo è sempre presente mentre è Pietro, titolare della chiesa, a sostituire il patriarca biblico. 

Nella prima scena l’uomo giusto giace sul letto di morte coperto da un lenzuolo. La sua anima viene pesata sulla bilancia a doppio piatto e l’esito della pesatura è motivo di contrasto tra l’angelo e il demonio. Questi rivendica l’anima del morto tentando di far pendere a proprio favore il piatto della bilancia ed espone il cartiglio su cui è scritto in forma abbreviata “doleo quia ante erat meus (mi affliggo perché prima era mio)”, ma è punito da San Pietro che lo colpisce in testa con la chiave. Il giusto è salvo e San Pietro lo libera dai lacci del peccato per condurlo in cielo. 

La scena sottostante descrive la morte dell’uomo malvagio. La pesatura della sua anima sulla bilancia a doppio piatto ha un esito negativo. I diavoli si impadroniscono del cadavere disteso legato sul letto e infieriscono sul suo corpo. L’uomo empio viene gettato a testa in giù dentro il grande pentolone sul fuoco acceso mentre l’angelo si allontana deluso. 


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